Ferrante, vincitore sui nemici e difensore degli amici

“FERDINANDUS ° HOSTIUM ° VICTOR ° AMICORUMQUE ° DEFENSOR”

F.1r dal “De moribus” di Aristotele tradotto da Giovanni Argiropulo.
MS Lat 6310 presso la Bibliothèque Nationale de France.

Le miniature del manoscritto sono attribuite al fiorentino Matteo Torelli, mentre il testo in latino – in scrittura umanistica italiana – fu trascritto dal copista Piero di Benedetto Strozzi. Nella prefazione di Giovanni Argiropulo vi è la dedica a Cosimo dei Medici. Si tratta dunque di un volume nato in ambiente toscano, che però era destinato a Ferdinando d’Aragona, come dimostrano le miniature nel frontespizio.
Il foglio 1r, infatti, è riccamente decorato con arabeschi a motivi vegetali tra cui si nascondono puttini e animali. Nei medaglioni più piccoli sono riportati alcuni simboli araldici di Ferdinando I (il “trono in fiamme”, il “vaso con gigli”, il “libro aperto” e le “spighe di miglio” intrecciate), un ritratto di Aristotele e due scudi con gli stemmi reali.

Giovanni Argiropulo - Aristotele - De Moribus

 

Ma il “pezzo forte” di questa pagina è senz’altro il ritratto equestre del Re nel medaglione più grande, intorno al quale vi è l’epigrafe in latino che abbiamo riportato in alto, e la cui traduzione è nel titolo dell’articolo.
Il sovrano monta – con il tipico assetto “alla brida”, quasi in piedi con le gambe tese sulle lunghe staffe – un cavallo che indossa una magnifica gualdrappa color porpora con le insegne aragonesi, ed è protetto da una armatura completa che include un bellissimo elmo coronato e sormontato da un cimiero a forma di drago con ali aperte. Ferrante brandisce la spada in un gesto che ricorda molto quello già visto sul rovescio dei ducati battuti a suo tempo da Alfonso il Magnanimo, benché qui la posa sia molto meno dinamica.

Ferdinando I ritratto equestre

Non è noto il motivo per cui il manoscritto, realizzato a Firenze, diventasse di proprietà di Ferdinando I: probabilmente si trattò di un omaggio di Cosimo dei Medici “il vecchio” al sovrano napoletano, con cui il banchiere intratteneva importanti rapporti commerciali. Il volume, che era parte della biblioteca aragonese di Napoli, si salvò dalla razzia compiuta da Carlo VIII nel 1495 ma fu venduto a Giorgio I d’Amboise da Federico d’Aragona durante il suo “esilio volontario” in Francia, a seguito della conquista del Regno da parte di Ferdinando il Cattolico.

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